Il Nano Morgante | La morfologia del limite individuale

GENOVA. 1 OTT. Propongo, per ironico diletto, una fugace riflessione sul genere e sulla morfologia dei “limiti” che, a vario titolo, gravano sulla e nella nostra esistenza.

Ai fini della trattazione, mi avvio ad  una irrituale distinzione tra limiti “interiori” ed “esteriori”, escludendo ovviamente dal novero le originarie connotazioni morfo-adattive della specie umana.

La prima tipologia di “limite” la si può comodamente far discendere dalla individuale impalcatura cromosomica, da tutto ciò che in ciascuno costituisce vincolo sistemico del proprio agire. In specie, dal carattere e da quegli elementi che intervengono e confluiscono nella dinamica intraneità/estraneità. Da ciò che, ribadisco, attiene ab ovo all’inesorabilità del tracciato individuale.

La seconda tipologia, spondale, la si può intravvedere nei condizionamenti indotti e prodotti dal proprio precipitato storico. Eredità e vincoli educativi via via tradotti negli e dagli alterni accadimenti.

Diviene ora ardita divagazione e pragmatica demarcazione discernere, tra le ipotizzate tipologie, i limiti maggiormente insidianti; o, per dirla in altro modo, quelli da cui riteniamo di poterci sottrarre.

E’ evidente, ad esempio, che in ambito lavorativo (v. precedente “L’inesorabile logica del gruppo“ ) insista una forza potente e invisibile che regola le modalità intersoggettive, che incasella con nettezza il dovere e il piacere, gli obblighi  e i desideri, che omologa i comportamenti.

Se assumessimo per veritiero “Il tuo diritto di essere è ciò che ti permetti di fare” (cit. G. Stirner),  avvaloreremmo l’autonomia dell’individuo e lo riporteremmo progressivamente al centro gravitazionale  delle proprie azioni logiche.

Ciò estende e sottintende di fatto l’orizzonte operativo individuale, al punto da riconsiderare ed assiemare, in via definitoria, una unica tipologia di limite (e nel contempo, di opportunità): quella dell’individuo inscindibilmente collegato alla Comunità, entità che condensa il quotidiano pensare e lo media nell’agire conseguente.

Quella che “fa del mondo un’unica famiglia”, riecheggiando un brano di Jovanotti.

Massimiliano Barbin Bertorelli