Il Nano Morgante | La vis comica della ragione

Il Nano Morgante | La vis comica della ragione

GENOVA. 5 NOV. Probabilmente, una maggiore fiducia in noi stessi e nelle nostre sensazioni potrebbe riabilitare a pieno titolo e riattivare la smarrita opzione dell’ “intuito”. O viceversa.

Accorgendoci in tal modo che tale opzione dispone di una visuale panoramica più ampia e nitida rispetto alle potenzialità della ultra celebrata “ragione”.

E’ pur vero, tuttavia, che la straordinaria ed originaria funzione dell’intuito sconta una progressiva atrofia, causata da un deciso calo di autorevolezza.

D’altro canto, il deflusso arginato del pensiero ragionevole  trova spesso approdo in sponde aride. Tale manifestazione di sentimenti logori ed insidiati non sempre consente una saggia decifrazione degli eventi.

L’intuito pare subire le angherie di un tempo, non tanto anagrafico quanto mentale, sempre più sfibrato, dolente, iperteso.

Non stupisca quindi se capita quel legittimo moto di ammirata incredulità nell’osservare e nel contemplare le “sublimi opere”  realizzate nel passato dal genio umano e se ci espone ad un avvilente raffronto con la pochezza del presente.

In una sorte di contraddizione estetica, l’uomo contemporaneo non intuisce più come “artista”; né, men che meno, si intuisce come “opera d’arte”.

Propensione rinunciabile, e nei fatti  rinunciata, a favore di più effimeri, immaginifici  traguardi.  In realtà, auto-afflizione, né più né meno, dequalificazione di intenti e di prospettive.

Forse andrebbe meglio riassortita la contezza del proprio tempo: lasciar scorrere anche un solo giorno dedicando il pensiero ad un futuro lontano diviene reato morale, inseguimento affannoso e vano.

Non è dato conoscere le cose come esattamente andranno. Le nostre come quelle altrui. Né mai vi sarà garanzia del risultato atteso: almeno di quello che riteniamo spettarci in proclamazione di una ipotetica, sovraordinata e naturale “giustizia”.

Per questo occorre preservare con cura una dotazione d’emergenza di illogico ed irragionevole entusiasmo.

Stante ciò, ribadisco convintamente che un’essenziale virtù umana possa trovare casa nella primigenia e resiliente “intuizione”; nella libertà da una “ragione” imbrigliata da tanti, troppi, sedimentati condizionamenti.

Non si compone certo nella “ragione” di una biasimevole vanagloria, di una lacerante volontà di possesso; neppure in una compensativa ed accreditante dedizione ego-altruistica.

Ne esita un principio cardine: la considerazione di sé non può che essere improntata ad un intuitivo criterio di credibilità ed adeguatezza.

Pena, giocoforza, generare di sé un involontario effetto esilarante, una vis comica,  apparentemente non allineata all’attuale stato di malessere.

In verità, ottimo stimolo per costituire, buffo  contrappasso, un nuovo impulso alla crescita. Dell’altrui buon umore, quantomeno.

Massimiliano Barbin Bertorelli